In America fa discutere il si del FDA (Food and drug administration) che ha autorizzato la commercializzazione di un test genetico che valuta la predisposizione del paziente a una decina di malattie, tra le quali: Parkinson, Alzheimer, celiachia, malattia di Gaucher e deficit di Alfa-1-antitripsina.
Il test ha creato clamore dato che può essere effetuato in autoanalisi direttamente dal consumatore, senza la necessità di una ricetta medica né del consiglio del farmacista. Da notare che alla prima richiesta, nel 2006, della casa produttrice di registrare il test come Otc, la Fda aveva risposto negativamente. Nella relazione con cui ora concede parere favorevole alla commercializzazione del test, l’agenzia scrive invece che il prodotto «può aiutare le persone a fare scelte anticipare sui loro stili di vita, oppure avviare un colloquio con un professionista della salute».
Del resto però FDA afferma “che il consumatore comprenda come il rischio genetico sia soltanto una tessera del puzzle, non predice ineluttabilmente se la persona svilupperà o non svilupperà la malattia. Esistono altri fattori che incidono sullo stato di salute, legati all’ambiente e allo stile di vita”.
Le precisazioni lasciano intuire i rischi potrebbero causare una lettura inappropriata degli esiti del test. La scoperta di un’eventuale predisposizione potrebbe responsabilizzare il soggetto verso abitudini quotidiane più sane è altrettanto vero che un risultato negativo potrebbe ottenere l’effetto opposto, cioè deresponsabilizzare e allontanare da una corretta prevenzione.
La scelta dell’Fda è stata accolta con un certo scetticismo da parecchi esperti europei e a testimonianza delle loro sono apparis alcuni articoli gli articoli su riviste specializzate, dalle quali emerge lo stesso dubbio: forse, il cosiddetto “empowerment” del paziente ha valicato i suoi legittimi limiti..